Aziende e Dintorni
Fatti e persone del mondo del lavoro
L'inverno demografico in azienda: rischi e strategie
5 motivazioni della situazione e possibili soluzioni
In Italia si fanno sempre meno figli: secondo gli ultimi dati Istat, non si arresta la discesa delle nascite. Nel 2023 sono scese a 379.890, registrando un calo del 3,4% sull’anno precedente. E per il 2024 il trend sembra continuare nella stessa direzione: in base ai dati provvisori relativi a gennaio-luglio le nascite sono 4.600 in meno rispetto allo stesso periodo del 2023.
Il numero medio di figli per donna scende: si attesta a 1,20, in flessione sul 2022 (1,24) e la stima provvisoria elaborata sui primi 7 mesi del 2024 evidenzia una fecondità pari a 1,21.
Calo delle nascite e ripercussioni nel mondo del lavoro
Alcune conseguenze del cosiddetto “inverno demografico” sono già presenti e visibili nella complessa, e sempre più sfidante, ricerca e gestione del personale. Vediamone alcune.
Carenza di risorse e fuga delle competenze chiave
Secondo Unioncamere, nel 2022 il 40% delle posizioni aperte in Italia è rimasto vacante per mancanza di candidati idonei. E questo trend rischia di peggiorare: non solo settori ad alta specializzazione come IT, ingegneria, healthcare sono in affanno nel reperire personale qualificato, ma anche manifattura o piccole imprese vivono forti criticità di manodopera. Se è vero che è alto il numero di giovani che si trasferiscono all’estero in cerca di migliori ambienti e opportunità professionali, è vero che anche gli over 45 si aggiungono a questa fuga di competenze. Ogni anno aumentano i lavoratori anche in questa fascia d’età che valutano e accettano proposte all’estero.
Squilibrio generazionale nei team di lavoro
L’invecchiamento della popolazione riguarda anche la forza lavoro, poiché genera uno squilibrio generazionale che facilita attriti e conflitti nel team, difficoltà nella comunicazione interpersonale in azienda, nel trasferimento di conoscenze e nell’adozione di nuove tecnologie. Inoltre, una forza lavoro in maggioranza “agé”, potrebbe rendere meno attrattiva per i giovani l’azienda stessa, fenomeno già in corso nella Pubblica Amministrazione.
Entro il 2030 le proiezioni demografiche indicano che gli over 50 costituiranno oltre il 40% della forza lavoro italiana.
Perdita di competitività e innovazione
Con sempre meno giovani che entrano nel mercato del lavoro, non è garantito un adeguato ricambio generazionale e le aziende rischiano di vedere rallentare l’innovazione e diminuire la capacità di intercettare in anticipo le tendenze, in modo da rispondere adeguatamente e tempestivamente ai cambiamenti di mercato.
Non è un segreto che le aziende con una forza lavoro più giovane e diversificata tendano ad essere più innovative e agili.
Pressione sui lavoratori
Una forza lavoro ridotta comporta un aumento dei carichi di lavoro per chi “resta”, con elevato rischio di burnout e calo della produttività.
Il benessere in azienda e il rispetto dell’ equilibrio tra lavoro e vita privata è una richiesta intergenerazionale da parte dei dipendenti di tutte le aziende di ogni settore, e come rilevano numerose analisi è un motivo per cui restare o andarsene.
Aumento dei costi per il welfare aziendale
Con l’invecchiamento della forza lavoro, le aziende devono e dovranno sempre di più far fronte a maggiori costi per assistenza sanitaria e programmi di pensionamento per integrare il welfare di sistema.
Di conseguenza, si stima un aumento del 20-30% dei costi di welfare aziendale nei prossimi 10 anni per le aziende italiane con una forza lavoro più anziana.
Le strategie da mettere in atto
Di fronte a queste sfide, le aziende italiane non possono permettersi di restare a guardare. È fondamentale agire con tempestività e comprendere a fondo l’impatto concreto che questa dinamica avrà sulla struttura e sulla sostenibilità dell’impresa nel breve, medio e lungo termine.
Cosa fare? Un primo passo consiste nell’attivare un’analisi demografico-generazionale e mappare la composizione della propria forza lavoro, utilizzando un approccio socio-demografico e orientato alla diversity. Questo permette di ottenere una fotografia attuale e proiettata verso il futuro, sviluppando al contempo una consapevolezza sulla diversità generazionale come elemento strategico per il business, la comunicazione e l’innovazione.
Tra le azioni chiave da intraprendere vi è l’implementazione di programmi di trasferimento intergenerazionale delle competenze, attraverso sistemi di mentoring bidirezionale e la creazione di piattaforme, sia fisiche sia digitali, per preservare e valorizzare il know-how aziendale.
Parallelamente, è necessario investire in formazione continua per lavoratori di ogni età, con percorsi di upskilling e reskilling progettati anche in collaborazione con università e istituti specializzati, rispondendo così alle esigenze di un mercato del lavoro in continua evoluzione.
Un’altra strategia efficace riguarda l’adozione di politiche di age management e flessibilità lavorativa, con orari adattabili e soluzioni di lavoro da remoto, tenendo conto delle necessità specifiche delle diverse fasce d’età. A ciò si possono affiancare programmi di wellbeing personalizzati per garantire il benessere di tutti i dipendenti.
Le aziende possono inoltre stringere partnership con enti formativi per sviluppare programmi di alternanza scuola-lavoro e tirocini, attrarre giovani talenti e contribuire alla progettazione di percorsi di studio orientati anche ai lavoratori più esperti. Infine, una strategia di employer branding mirata, con una proposta di valore per i dipendenti che tenga conto delle diverse generazioni e utilizzi canali di comunicazione diversificati, può rivelarsi determinante per attrarre e trattenere talenti in un panorama demografico sempre più complesso.
Fondamentale è promuovere la diversity & inclusion: promuovere politiche che valorizzino la diversità generazionale come asset strategico e formare i manager sulla gestione di team multigenerazionali.
Sarà sempre più importante, infine, sviluppare programmi sul proprio territorio per attrarre giovani risorse e formare giovani leve professionali, anche provenienti da altri Paesi, da affiancare alla popolazione lavorativa locale. Ben vengano quindi scambi di esperienze internazionali per diffondere e praticare cultura lavorativa.
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