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Intervista a Gianfausto Ferrari

Il vero problema non sono i cervelli che fuggono

Il problema è dove vanno.

Gianfausto Ferrari è un imprenditore innovativo che ha anticipato, abbracciato e promosso l’innovazione. Abbiamo avuto il piacere di ospitarlo a un evento aziendale e di ascoltare la sua bellissima storia. Che ci ha lasciato una grande ricchezza e qualche domanda. Che abbiamo fatto direttamente a lui.

 

Gianfausto, innanzitutto come si riconosce un talento?
Ho conosciuto tanti Talenti nella mia vita professionale e non solo professionale, ed avevano tutti alcune caratteristiche comuni: la passione, in primis, per quello che stavano facendo o che avrebbero desiderato fare e la voglia di farlo, di rendere reali, operando in tal senso, i sogni o i desideri che avevano dentro.
Sempre, dalla mattina alla sera, senza risparmiarsi mai perché credono in se stessi ed in quello che fanno, e lo vogliono fare con tutte le loro forze.
Ricordo alcune persone con le quali ho condiviso progetti che, mentre tali progetti mi illustravano, avevano gli occhi fiammeggianti di passione, ed una foga nell’esporre e nella gestualità che solo i grandi Artisti possiedono.
Pensiamo agli occhi di Dalì o di Picasso; ecco, io penso che fossero così gli occhi di Michelangelo, di Dante Alighieri, di Caravaggio, ma anche quelli di Newton, o di Einstain, di Mozart, di Beethoven…

 

Si parla molto di talent retention, ma la fuga di cervelli e talenti pare inarrestabile.
Il vero problema non sono i cervelli che fuggono: i cervelli sono sempre fuggiti, per il loro bisogno di esplorare, di sapere e di capire e, in buona sostanza, di trovare l`ambiente adatto e le condizioni migliori per esprimersi e per esprimere le loro capacità.
Il vero problema è che i “cervelli che fuggono” da altri Paesi non vengono da noi, non c`è un “scambio” non ci sono vasi comunicanti.
I nostri ragazzi vanno in Inghilterra, negli Stati Uniti, in Germania, ma i ragazzi Inglesi, Tedeschi o Americani non vengono da noi ed è sul perché succede questo che ci dovremmo interrogare e mettere in campo i dovuti rimedi.
La formazione di un ragazzo, dall’asilo all’università, costa al Sistema Paese fra i 750 e gli 800 mila euro e poi regaliamo questo capitale, divenuto capitale umano e professionale, ad altri Paesi, spesso in competizione col nostro, senza avere nulla in cambio: una perdita secca per il Sistema.

 

Come si coltiva un talento?
Con la libertà! Permettendogli di esprimersi, di rischiare, ed anche di sbagliare o di fallire. Nel fallimento c`è un tesoro: si chiama esperienza. Quante volte siamo caduti col culo per terra prima di imparare a camminare?
L`importante era rialzarsi, e riprovare, ed ogni volta che ci rialziamo siamo un po` meno incerti, meno malfermi sulle gambe, fino a quando là, la magia: non solo riusciamo a camminare, ma anche a correre, ed a saltare!

 

E cosa vuol dire, per un’azienda, innovare?
Vuol dire semplicemente vivere. Un`azienda che non sa innovare, e rinnovarsi, e che non si sa evolvere seguendo l`evoluzione delle tecnologie e delle metodologie, semplicemente muore. Tutti gli organismi, ed il nostro stesso corpo, sono in continua evoluzione.
Noi cresciamo in peso ed in statura, rimanendo uguali a noi stessi, ma le nostre cellule, i nostri organi, si rinnovano costantemente, e costantemente si devono adattare all’ambiente che ci circonda. Quando smettiamo di rinnovarci e di adattarci, moriamo.
Pensiamo alle grande aziende, come Kodak e Nokia: veri e propri colossi che sono morti in pochissimo tempo perché non hanno saputo capire, e governare, il cambiamento.
Darwin l`ha spiegato benissimo: che non si sa adattare, chi non si sa rinnovare, semplicemente si estingue.

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