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Occupazione al massimo storico: la fotografia del mercato del lavoro 2025

Tra talenti e sfide

Il 2025 è l’anno dei record per l’occupazione in Italia. I dati dell’ultimo Rapporto Annuale INPS parlano chiaro: il numero di occupati ha superato i 24 milioni di persone, con un tasso di occupazione che sfiora il 63%, il valore più alto mai registrato nella storia del nostro Paese. Ma dietro ai numeri si nascondono dinamiche interessanti che riguardano da vicino le imprese, i manager e chi ogni giorno prende decisioni strategiche in azienda.

In questo scenario, leggere il mercato del lavoro non significa solo celebrare una ripresa, ma capire quali leve sfruttare per crescere, attrarre talenti e competere in un contesto europeo e globale sempre più sfidante.

 

Un mercato del lavoro in salute

Secondo le analisi INPS sul mercato del lavoro, l’occupazione dipendente a tempo indeterminato è stata il vero motore della crescita: oltre 16 milioni di persone hanno un contratto stabile, mentre i contratti a termine rappresentano circa il 14% del totale.

Il tasso di disoccupazione, nel frattempo, è sceso sotto la soglia del 6%, dimezzandosi rispetto a dieci anni fa. Non male, considerando le difficoltà attraversate tra pandemia, crisi energetiche e incertezze geopolitiche. Tuttavia, non tutti i comparti hanno corso alla stessa velocità: l’industria ha perso terreno in termini di peso occupazionale, mentre i servizi – soprattutto quelli legati alla logistica, alla consulenza e alla cura alla persona – hanno guadagnato spazio.

 

Giovani e donne: tra mismatch e divario occupazionale

La fotografia degli assicurati INPS racconta di un mercato che sta cambiando anche dal punto di vista demografico. Dal 2019 al 2024, i lavoratori under 34 sono cresciuti di oltre 700 mila unità. Un segnale importante per le imprese: la generazione Z e i giovani millennial non sono più solo “neoassunti”, ma una quota sempre più consistente della forza lavoro.

Rimane però forte il fenomeno dello skill mismatch che richiama l’attenzione alla necessità di un ripensamento anche dell’offerta formativa e di istruzione. Oltre ai percorsi di re o upskilling necessari, è importante, infatti, far comprendere subito ai giovani le necessità del mercato del lavoro per indirizzare le loro potenzialità verso studi che offrano sbocchi professionali richiesti dal tessuto produttivo.

Il tema femminile resta invece un’arma a doppio taglio: se da un lato si registra una crescita superiore a quella maschile (+6,7% dal 2019 al 2024), il divario occupazionale tra uomini e donne resta ampio – circa 18 punti percentuali. Per le aziende, questo significa avere ancora margini enormi nel valorizzare il talento femminile, soprattutto in posizioni manageriali e tecniche.

 

Contributi e retribuzioni: il peso delle scelte aziendali

L’aumento degli occupati ha avuto un riflesso diretto anche sul gettito contributivo: i lavoratori assicurati INPS hanno superato i 27 milioni nel 2024, con un incremento di 1,5 milioni rispetto al 2019. Per le imprese questo dato non è solo statistico: significa maggiore sostenibilità del sistema previdenziale, ma anche nuove responsabilità in termini di welfare e benefit aziendali.

Sul fronte retributivo, la crescita risulta non sufficiente a compensare del tutto l’effetto inflazione. Tra il 2019 e il 2024 le retribuzioni medie lorde sono aumentate di circa il 10%, passando da 24.139 a 26.617 euro. Nello stesso periodo, però, i prezzi sono cresciuti del 17,4%. Per i datori di lavoro, questa forbice apre un terreno delicato: come attrarre e trattenere talenti in un mercato che offre più opportunità, senza compromettere i margini aziendali?

 

PMI e grandi imprese: i trend

Il tessuto imprenditoriale italiano sta vivendo una fase di ricomposizione. Il numero di imprese private è stabile a 1,67 milioni, ma con una dinamica chiara: diminuiscono le micro-aziende, mentre crescono le grandi realtà.

Un segnale che non va letto come una sconfitta per le PMI, ma come uno stimolo a rafforzare reti, filiere e collaborazioni. Le aziende più strutturate hanno oggi un vantaggio competitivo nell’attrarre competenze e nel gestire i costi di compliance normativa. Ma le PMI possono giocarsi le proprie carte puntando su agilità, specializzazione e cultura d’impresa.

 

Talenti globali e nuove sfide

Il mercato del lavoro italiano si sta anche internazionalizzando. Cresce la quota di lavoratori provenienti da Paesi extra-UE (+28,8% nel quinquennio 2019-2024), mentre cala quella dei cittadini dei Paesi dell’Est Europa. Parallelamente, iniziative come gli incentivi per il “rientro dei cervelli” stanno contribuendo ad attrarre competenze ad alto valore aggiunto.

In un mondo in cui la competizione si gioca sul capitale umano, per le imprese diventa strategico non solo assumere, ma disegnare percorsi di carriera e politiche di retention in grado di trattenere i profili più qualificati, italiani e stranieri.

 

Uno sguardo avanti: le prossime sfide per le aziende

Il quadro che emerge è quello di un mercato del lavoro che corre veloce, ma con alcune ombre che le imprese non possono ignorare:

  • la necessità di colmare il gap salariale con il resto d’Europa;
  • l’urgenza di ridurre le differenze territoriali (Nord al 70% di occupazione, Sud al 49%);
  • l’opportunità di sfruttare i nuovi strumenti di welfare e inclusione come leve di attrattività aziendale.

In definitiva, l’Italia è entrata in una fase di occupazione record. Per i datori di lavoro, però, la vera sfida non è più creare posti, ma dare qualità al lavoro, trasformando il boom occupazionale in un vantaggio competitivo duraturo.

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