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Lifelong learning, apprendimento e analisi dei fabbisogni

Una sfida per le organizzazioni del futuro

In un mondo che evolve velocemente, un modo per rimanere al passo con i tempi, avere competenze aggiornate e ampliare le possibilità di sviluppo personale e professionale è il lifelong learning, cioè l’apprendimento continuo, che non si ferma mai. In cosa consiste? Formarsi in modo permanente significa non solo frequentare corsi formali, di ispirazione scolastica con lezioni frontali, ma anche sfruttare le occasioni di apprendimento non formale e informale che si presentano nella vita quotidiana, come leggere un libro, imparare un lavoro da un collega, guardare un documentario, fare volontariato, gestire un progetto in autonomia o partecipare a un gruppo di discussione.

 

 

I benefici del lifelong learning

 

Il lifelong learning porta diversi benefici: aiuta le persone a essere più preparate e flessibili di fronte alle sfide contemporanee, stimola il pensiero critico e la capacità di innovazione, favorisce l’integrazione sociale e, di conseguenza, aumenta la soddisfazione, la salute e il benessere delle persone.

In parte lo abbiamo imparato durante la pandemia quando, oltre a lavorare da remoto, abbiamo partecipato a tantissimi corsi online. In effetti la pandemia ha cambiato radicalmente il modo in cui apprendiamo, insegniamo e interagiamo, anche in contesti non formali: la pervasività del digitale ha introdotto nuovi format e strutture di apprendimento, spesso ibridi e flessibili, che vanno a sfumare i confini tra il virtuale e il reale. Il digitale ormai non è più una novità, un’eccezione, un qualcosa di distante dal quotidiano, ma è una componente integrata e naturale delle nostre esperienze di vita, un diverso contesto in cui instauriamo legami, relazioni e interazioni didattiche, costruendo nuove modalità di fruizione formativa. Fruizione formativa da intendersi, in questo contesto, sia come iniziativa aziendale con una progettualità di base, sia come derivante dalla proattività del lavoratore all’autoformazione individuale in contesti non strutturati e a basso grado di formalizzazione.

 

 

I nuovi modi di apprendere

 

L’apprendimento ibrido post pandemico ha accelerato quella che era già una tendenza, che faticava a prendere piede in Italia un po’ per diffidenza e un po’ per limitazioni tecniche e vuoti normativi. Negli ultimi anni, infatti, il lifelong learning ha assunto diverse forme: formazione sincrona e asincrona, podcast, realtà virtuali, ambienti didattici condivisi per le peer review, docenti reali e intelligenze artificiali, video, flipped classroom, modalità blended e alternativi spazi di apprendimento. Questi strumenti permettono alle persone di scegliere in modo attivo il proprio percorso di studi, secondo il proprio ritmo, il proprio stile e, perché no, se scegliere un percorso strutturato o se massimizzare il livello di personalizzazione.

 

 

Formazione permanente: l’importanza in azienda

 

È doveroso fare una precisazione, probabilmente scontata per molti lettori: la formazione aziendale non può più essere concepita come un evento occasionale, isolato (o peggio, un adempimento meramente prescrittivo), ma andrebbe intesa come parte integrante della strategia organizzativa sul medio e lungo termine, orientata al miglioramento continuo delle prestazioni individuali e collettive.

Ma all’atto pratico, che cosa significa per le aziende? Che cosa vuol dire orientare la formazione ai processi di cambiamenti organizzativi in un contesto in cui l’apprendimento, agevolato dalle nuove modalità formative, diventa per lo più autonomo?

Che cosa vuol dire agire in un contesto in cui il dipendente ha ormai interiorizzato il concetto di apprendimento permanente, in cui non si aspetta più di essere formato dal datore di lavoro, ma provvede in autonomia a migliorare la propria spendibilità professionale… anche in ottica di miglioramento retributivo?

La risposta a queste domande passa da una duplice analisi: quella delle competenze già possedute dai lavoratori e quella dei fabbisogni formativi aziendali, ovvero il processo mediante il quale un’azienda identifica le esigenze di formazione e sviluppo delle proprie risorse interne, relazionandole a quelle del mercato di riferimento.

 

 

Il primo step: l’analisi delle competenze interne

 

Il primo comandamento dovrebbe essere: “conosci i tuoi dipendenti”, sapere quello che sanno fare, come queste competenze possono essere spendibili all’interno dell’organizzazione, quali sono le loro potenzialità, dove possono arrivare. Per questa analisi, lo strumento principe è l’analisi delle competenze possedute dai lavoratori. In ottica di sviluppo formativo aziendale, i dati ottenuti si possono classificare due categorie principali: quelli basati sull’osservazione diretta del comportamento dei lavoratori e quelli basati sull’autovalutazione o sulla valutazione da parte di terze parti. L’obiettivo primario è di evitare, per quanto più possibile, di incorrere in bias o pregiudizi che possano falsare i risultati e compromettere l’oggettività e la trasparenza del processo, evitare che la familiarità con il dipendente vada a impattare sulla misurazione oggettiva in senso stretto.

Da questa base di partenza, è possibile quindi calcolare il gap formativo, ossia la differenza tra il livello di competenza attuale e quello desiderato per ogni collaboratore, e procedere a definire le priorità formative, in base all’urgenza, all’impatto e alla fattibilità degli interventi e di conseguenza a realizzare gli interventi formativi più adeguati, misurando in itinere il grado di apprendimento, di trasferimento sul lavoro e, in seguito, di miglioramento delle performance.

 

 

Come creare la strategia organizzativa di lifelong learning

 

E una volta effettuata questa analisi? Sarebbe sempre preferibile comunicare i risultati ai diretti interessati, ai i responsabili e ai formatori, in modo trasparente e costruttivo, evidenziando i punti di forza emersi dall’analisi e le aree di sviluppo, così da poter definire gli obiettivi formativi in linea con la strategia organizzativa di upskilling o di reskilling.

In base ai dati ottenuti, si potrà quindi scegliere le modalità formativa più adatta, tenendo conto delle caratteristiche dei destinatari, dei contenuti, dei tempi e dei costi e avviare quindi il progetto formativo per il miglioramento della competitività aziendale.

Non esiste una ricetta universalmente funzionante o una formula magica per realizzare un progetto formativo aziendale efficace e coinvolgente: ogni allievo ha le sue preferenze, le sue esigenze e il suo stile di apprendimento.

Per questo motivo è importante adattare la formazione alle caratteristiche dei destinatari, sfruttando le diverse modalità e strumenti disponibili: solo così si potrà garantire una crescita professionale dei dipendenti, e, di conseguenza, della stessa azienda.

 

Scritto da Sara di InfoJobs Lab.

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