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Il collegamento tra performance e reward è un problema o un’opportunità?
La questione del rapporto fra retribuzione e meritocrazia è articolata e resa ulteriormente complessa negli ultimi anni da globalizzazione, trasformazione digitale e, in ultimo, la pandemia.
La gestione della compensation (livelli retributivi, aumenti, incentivi) è necessario sia fortemente integrata alla valutazione della performance individuale: questo assunto non è mai stato messo in discussione negli ultimi decenni. Ciò ha portato nel corso del tempo all’introduzione e alla diffusione dei sistemi d’incentivazione nelle aziende, prima fra la popolazione manageriale ma oggi anche per figure specialistiche e non necessariamente valutate su obiettivi di fatturato, come i ruoli commerciali.
La formula più utilizzata per la valutazione del raggiungimento di obiettivi individuali consiste nei sistemi cosiddetti di MBO (Management by Objectives); tuttavia, nel mercato, sono molto diffusi anche sistemi di incentivazione derivanti da sistemi di contrattazione di secondo livello, come premi di risultato, premi di produzione, etc., quindi di dimensione collettiva e non individuale.
L’osservatorio sul performance management
Per scoprire quali sono le caratteristiche dei sistemi di performance management e il loro legame con il Total Reward, una visione ampia del tema la fornisce l’Osservatorio sul Performance Management della Fondazione Marco Biagi, di cui JobPricing è partner tecnico, proponendo una doppia focale, ossia la visione dell’azienda e la visione del dipendente, e un importante punto di vista accademico sull’argomento.
Come si legano performance e reward
È in generale corretto legare la valutazione di una performance a un compenso economico a beneficio del lavoratore?
In primo luogo, il processo di valutazione della performance può prescindere dall’erogazione di un premio o di un aumento retributivo. Tuttavia, l’Osservatorio sul Performance Management indica che, tra tutte le aziende partecipanti allo studio, solo l’8% non riconosce questo legame.
Non a caso il collegamento diretto fra performance e reward è oggi il modo più trasparente, comprensibile e, quindi, efficace di gestire le retribuzioni. Non si può dimenticare, infatti, che equità e meritocrazia (percepite dai lavoratori) sono i fattori decisivi – molto più del livello retributivo – per determinare il grado di soddisfazione delle persone rispetto ai loro stipendi.
Se però viene naturale pensare a un collegamento fra la valutazione positiva e l’incentivazione economica o l’erogazione di un bonus (indicata dal 47% delle imprese), scopriamo come il 57% delle aziende lega una valutazione della prestazione positiva all’inserimento del lavoratore in piani di sviluppo di carriera o a investimenti formativi a suo beneficio.
Questo risultato non deve essere visto come una novità: chi si occupa di HR in azienda ha spesso ben chiaro il concetto di Total Reward. Per il fatto di lavorare per un’azienda, infatti, il lavoratore non è mai ricompensato solamente con la retribuzione, ma esistono per l’azienda svariate opportunità per ricompensare i propri dipendenti, e alla parte tangibile e monetaria del compenso si aggiungono tutte le leve relative allo sviluppo professionale del lavoratore (piani formativi, sentieri di carriera, esperienze internazionali), oltre al tema estremamente vasto dell’ambiente di lavoro.
Il concetto di Total Reward ci dice quindi che la retribuzione economica è solo una parte di un sistema più ampio di ricompense, funzionali a garantire la soddisfazione e l’engagement del personale nei confronti del lavoro e dell’organizzazione.
Pro e contro di questo legame
Pur non mettendo in dubbio il legame tra performance e reward e il suo relativo valore intrinseco, ciò non toglie che va posta attenzione su alcune criticità nella resa pratica di questo concetto.
Il primo rischio, spesso evidenziato da chi mette sotto accusa l’efficacia dei sistemi di incentivazione “tradizionali”, riguarda il contributo del lavoratore, che potrebbe puntare a raggiungere gli obiettivi specifici posti dall’azienda, limitando la sua capacità e volontà ad “andare oltre” e collaborare al di fuori di tale perimetro, generando così silos organizzativi e competizione malsana. Il lavoratore potrebbe perdere di vista l’obiettivo generale aziendale e il contesto in cui opera, senza avere una visione di ampio respiro del proprio ruolo nell’organizzazione. L’ottica di prestazione del lavoratore rischia di essere limitata a quanto codificato nell’obiettivo individuale.
In secondo luogo, il rischio riguarda l’incentivo stesso: il focus, invece di essere posto sull’analisi e condivisione di obiettivi e risultati finalizzata allo sviluppo professionale e personale della persona, rischia di essere declinato esclusivamente sul piano economico, degradando e rendendo sterile l’attività di performance management.
Questo problema è stato nel tempo ovviato, seppur parzialmente, dall’introduzione nei sistemi di performance management e di incentivazione di obiettivi legati al comportamento organizzativo messo in atto dal lavoratore.
Non a caso, uno dei risultati principali riportati nel Performance Management Report ci dice che i referenti HR delle aziende hanno scelto gli indicatori comportamenti come criterio principale di valutazione.
Quale dovrebbe essere il legame corretto?
Se, ad ogni modo, abbiamo valutato come imprescindibile il legame tra retribuzione e performance, il modo in cui esso viene concretamente declinato può fare la differenza. Si otterranno persone più motivate e prestazioni migliori creando un collegamento fra le due dimensioni che sia coerente con la cultura, i valori e gli obiettivi dell’organizzazione.
In ottica generale, una valutazione della performance completa dovrebbe avere come oggetto tre grandi dimensioni:
- Il grado di copertura del ruolo (copertura delle attività previste e competenze espresse)
- La valutazione dei comportamenti organizzativi
- Il raggiungimento di obiettivi individuali
Quando un sistema di valutazione racchiude in sé tutti questi elementi, allora sì che la valutazione può essere considerata come complessiva, e conseguentemente corretta nel collegamento con un eventuale incentivo o aumento di stipendio.
Se, infatti, il raggiungimento di soli obiettivi quantitativi è oggetto di incentivazione individuale su base temporalmente definita, generalmente l’anno, mentre la valutazione della performance complessiva, in una politica retributiva, può determinare i cosiddetti aumenti di merito, applicabili sulla retribuzione fissa. Se un lavoratore dimostra delle performance elevate, l’azienda sarà quindi ben felice di rafforzare la sua retribuzione fissa, sfruttando questa leva anche per trattenere i migliori talenti.
I concetti da mettere in pratica nella gestione di performance e retribuzione
Riassumiamo di seguito alcuni elementi da tenere in considerazione, che possono determinare il buon funzionamento del processo che collega performance e reward:
- i lavoratori devono vedere i propri obiettivi come un contributo individuale al raggiungimento degli obiettivi aziendali;
- a ogni livello dell’organizzazione, gli obiettivi individuali sono chiaramente riconducibili alla mission e a quelli generali dell’azienda;
- dovrebbe esistere una forte integrazione e interdipendenza fra gli obiettivi degli individui e quelli del team di cui fanno parte;
- gli obiettivi, che portano alla generazione di aumenti retributivi o incentivi, sono di natura varia, ossia anche operativa e comportamentale e non solo economica-finanziaria.
- la gestione della performance si dovrebbe sviluppare nel quotidiano attraverso una relazione continuativa tra manager e collaboratore, e non limitarsi al solo momento di feedback su base annuale;
le regole di gestione retributiva legata alla valutazione della performance e ai meccanismi di incentivazione devono essere trasparenti, eque e uniformi.
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