Aziende e Dintorni
Fatti e persone del mondo del lavoro
Opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda
La quarta area nella certificazione per la parità di genere
Che meraviglia quest’area, la quarta delle sei che strutturano la certificazione di parità di genere. È quella in cui si affronta concretamente il tema della crescita e l’inclusione delle donne in azienda. Lo so, potreste dirmi: “E fino ad ora di cosa abbiamo parlato?” e vi dovrei dare ragione. Abbiamo già affrontato in dettaglio le prime tre aree della certificazione, ovvero: cultura e strategia; governance; processi HR.
Ma qui è diverso perché si scende nel profondo e in maniera estremamente dettagliata.
Gli indicatori per la valutazione
Vado con ordine e dico che quest’area ha 7 indicatori e impatta sulla valutazione complessiva al 20% (come spiegato in precedenza, è necessario raggiungere almeno il 60% tra la somma di tutte le aree).
Innanzitutto, si analizza esattamente la percentuale di donne presenti con poteri decisionali, in ruoli di vertice o che abbiano deleghe di budget e ricoprano ruoli di dirigente. Rientrano nella percentuali coloro che sono al di fuori delle donne del nucleo familiare. Perché questo è uno dei fenomeni ricorrenti in Italia: donne che ricoprono ruoli da dirigenti o apicali in aziende familiari, senza possibilità per altre di avere accesso alla scalabilità. Qualcuno potrebbe dire che a casa propria ognuno gestisce le faccende come vuole e che, sicuramente, le donne “familiari” hanno le competenze per ricoprire quei ruoli e io non discuto. Si auspica solo che siano date opportunità anche a persone al di fuori della famiglia e si analizza anche quali processi sono stati istituiti a tal proposito.
Le aziende micro (con meno di dieci dipendenti) sono interessate solo dal primo indicatore, in cui il dato quantitativo, rilevabile da fonte interna, analizza quante sono le donne nell’organizzazione, in percentuale, rispetto alla totalità dell’organico. Questo indicatore impatta anche le aziende di fascia 2, le piccole fino a 49 dipendenti, e pone il focus sulla situazione presente considerando i numeri relativi al biennio precedente all’analisi. Ricordo sempre che la certificazione di parità di genere ha validità 3 anni, durante i quali si devono già prevedere le azioni per portare gli indicatori al 100% o mantenerli. Inoltre per le piccole aziende si deve tenere conto del valore di dirigenza (extra familiari).
Per le aziende di fascia 3 e 4, cioè quelle medie da 50 a 249 dipendenti e quelle grandi da 250 in su, si considera l’indicatore 2: si valuta, cioè, la percentuale di donne nell’organizzazione rispetto alla totalità dell’organico. Bisogna fare riferimento ai KPI previsti dai codici ATECO destinati alle varie tipologie di industria. Si sottolinea che la misurazione da considerare è quella di “codice ATECO più disaggregato” e la fonte da considerare è quella fornita dall’Istat con le rilevazioni sulle forze di lavoro. La stessa valutazione si fa anche in merito alle donne con qualifica di dirigente.
Diversa è la valutazione relativa alla percentuale di donne responsabili di una o più unità organizzative all’interno della popolazione aziendale. Il KPI è quantitativo e si misura valutando la crescita su ogni anno puntando, con procedimenti significativi, verso la parità. L’obiettivo può dirsi raggiunto nel momento in cui la quota delle donne sarà pari al 40% del totale dei responsabili.
Gli altri indicatori si esplicitano in:
Da dove partire
Come detto, in quest’area si scende nel profondo delle scelte aziendali relative ai ruoli di vertice oltre che alle possibilità di gestione di spesa da parte di donne che abbiano, contrattualmente, ruoli di potere che risultino significativamente in crescita (differenza almeno pari a +10% rispetto al valore medio percentuale di donne nell’industria di riferimento, e comunque in crescita anno per anno) con indicazioni chiare verso la parità di genere all’interno dell’azienda.
In ogni caso, le aziende possono farsi trovare pronte a gestire tutte le sei aree previste per la certificazione di parità di genere se solo approntassero, da subito, delle politiche di sviluppo, piani di crescita, azioni in direzione del vero riconoscimento delle differenze di genere come valore aggiunto in chiave di benessere e inclusività.
La difficoltà? La solita, atavica, resistenza al cambiamento che fa più paura di qualsiasi iniziativa aggiunta.
Eppure il mondo va avanti e noi non possiamo far finta che non sia così.
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