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Salario minimo in Europa: a che punto siamo

Direttive e recepimento

L’UE ha stabilito nuove norme che promuovono l’adeguatezza dei salari minimi legali in Europa e contribuiscono a migliorare le condizioni di vita e di lavoro per i lavoratori in Europa.

Il testo definitivo della direttiva relativa a salari minimi adeguati è stato adottato dal Consiglio il 4 ottobre 2022. Gli Stati membri hanno avuto due anni per recepire la direttiva nel diritto nazionale. Il termine ultimo per il recepimento della direttiva europea sui salari minimi adeguati è fissato al 15 novembre 2024.

 

Nell’UE esistono grandi differenze tra gli Stati membri per quanto riguarda la percentuale dei lavoratori coperti da contratti collettivi e il livello dei salari minimi, in parte a causa dei modelli molto diversi di mercato del lavoro e dei diversi livelli di reddito negli Stati membri.

La direttiva relativa a salari minimi adeguati intende contribuire a conseguire condizioni di vita e di lavoro dignitose per i lavoratori in Europa. Ricordiamo che l’Europa sta intervenendo anche per colmare il gap distributivo tra uomini e donne.

 

Cosa prevede la Direttiva sul salario minimo

La direttiva ha introdotto nuove norme dell’UE in materia di:

  • procedure per fissare e aggiornare l’adeguatezza dei salari minimi legali
  • promozione della contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari
  • accesso effettivo alla tutela garantita dal salario minimo per i lavoratori che hanno diritto a un salario minimo a norma del diritto nazionale

Si chiede agli Stati membri in cui sono previsti salari minimi legali di istituire un quadro per fissare e aggiornare tali salari minimi secondo una serie di criteri chiari.

I salari minimi legali saranno aggiornati almeno ogni due anni (o al massimo ogni quattro anni per i paesi che utilizzano un meccanismo di indicizzazione automatica).

Tuttavia, la direttiva non prescrive un livello di salario minimo specifico che gli Stati membri devono raggiungere.

 

Il ruolo della contrattazione collettiva

Il rafforzamento della contrattazione collettiva è un modo per combattere la povertà lavorativa e migliorare le condizioni di lavoro. È stato rilevato che tendenzialmente, nei paesi caratterizzati da un’elevata copertura della contrattazione collettiva, la percentuale di lavoratori a basso salario è minore e le retribuzioni minime sono più elevate rispetto ai paesi in cui tale copertura è più bassa.

Uno degli obiettivi della direttiva è aumentare il numero di lavoratori coperti dalla contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari. Per raggiungere tale obiettivo, i paesi dovrebbero promuovere la capacità delle parti sociali di partecipare alla contrattazione collettiva.

Gli Stati membri con un tasso di copertura della contrattazione collettiva inferiore all’80% dovrebbero elaborare un piano d’azione per promuovere la contrattazione collettiva. Il piano d’azione dovrebbe definire una tempistica chiara e misure specifiche per aumentare progressivamente il tasso di copertura della contrattazione collettiva.

 

Lo stato di recepimento nei paesi europei

Secondo un’indagine condotta dalla Confederazione Europea dei Sindacati (ETUC) nell’ambito del progetto Wage-Up, a oggi – novembre 2024 – solo due Stati membri (Belgio e Ungheria) hanno avviato il processo per il recepimento parziale della direttiva, mentre altri quattro (Lettonia, Lussemburgo, Polonia e Romania) hanno presentato proposte di legge per integrarla nel proprio ordinamento nazionale. In nove paesi (Austria, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Finlandia, Grecia, Paesi Bassi, Slovacchia e Spagna) si stanno elaborando e discutendo i relativi progetti normativi. Invece, in sette Stati membri (Cipro, Estonia, Francia, Italia, Lituania, Malta e Portogallo), il processo di recepimento non è ancora iniziato.

Tre Stati (Germania, Irlanda e Slovenia) hanno invece dichiarato che non ritengono necessaria alcuna azione, poiché già conformi ai requisiti della direttiva. Infine, per quanto riguarda Svezia e Danimarca, non sono disponibili dati, sebbene entrambi i paesi si siano dichiarati contrari alla direttiva.

La Danimarca, infatti, ha presentato un ricorso a gennaio 2023 contro il Parlamento Europeo e il Consiglio dell’UE, richiedendo l’annullamento della direttiva. In seguito, ad aprile 2023, la Svezia ha chiesto di poter intervenire a supporto dell’azione danese, pur avendo incaricato una commissione di studiare eventuali interventi per recepirne le disposizioni.

 

La situazione italiana

Anche l’Italia, come gli altri Stati membri, era chiamata a recepire la direttiva entro il 15 novembre 2024. Non tutte le sue disposizioni richiedono però un intervento legislativo: ad esempio, riguardo alla promozione della contrattazione collettiva per la determinazione dei salari (articolo 4), l’Italia sembra già conforme, considerando che il tasso di copertura dei contratti collettivi nazionali (CCNL) supera l’80%, soglia indicata dalla direttiva.

D’altro canto, altre misure previste dalla direttiva, come l’implementazione di strumenti per monitorare e comunicare alla Commissione UE i dati relativi alla tutela del salario minimo (articolo 10), potrebbero richiedere un adeguamento. Sebbene tali obblighi sembrino in parte già coperti da normative esistenti, un recepimento formale non è escluso. Il mercato retributivo italiano potrebbe quindi essere interessato in futuro da alcuni cambiamenti.

 

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