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Disparità genere: i settori e le professioni più colpite e gli incentivi 2025

Il Rendiconto di Genere INPS 2024

Il Rendiconto di Genere INPS 2024 evidenzia che persistono forti disuguaglianze in Italia. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in collaborazione con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha inoltre recentemente pubblicato il decreto che individua i settori e le professioni caratterizzati da una disparità uomo-donna superiore al 25% rispetto al valore medio nazionale. A questi sono dedicati degli incentivi specifici per le assunzioni, vediamo quali sono.

 

Che cos’è la disparità di genere

La disparità di genere è un fenomeno sistemico che si manifesta in molteplici ambiti della vita lavorativa e sociale, attraverso disuguaglianze di trattamento, accesso e opportunità tra uomini e donne. Nel contesto aziendale, assume forme concrete: differenze retributive, scarsa rappresentanza femminile nelle posizioni di vertice, minori possibilità di carriera, discriminazioni in fase di assunzione o nel ritorno al lavoro dopo la maternità.

Questo divario si traduce non solo in un problema etico e sociale, ma anche in una perdita tangibile di competitività e innovazione per le imprese. Secondo il Global Gender Gap Report, l’Italia è oggi all’87° posto nel mondo per parità di genere, un arretramento preoccupante che impatta negativamente anche sulla reputazione del nostro sistema produttivo.

 

Come nasce la disparità di genere

La disparità di genere affonda le sue radici in strutture culturali e sociali consolidate nel tempo. La divisione tradizionale dei ruoli, la carenza di servizi per la famiglia, gli stereotipi professionali e una normativa ancora poco incisiva contribuiscono a perpetuare uno squilibrio che penalizza le donne, soprattutto nel mercato del lavoro.

Dati recenti forniti dal Rendiconto di Genere INPS 2024 evidenziano quanto la situazione sia ancora critica: nel 2023, il tasso di occupazione femminile si è fermato al 52,5%, con un divario di 17,9 punti rispetto agli uomini. Le assunzioni femminili sono state appena il 42,3% del totale, e solo il 18% dei contratti sono a tempo indeterminato. A ciò si aggiunge il part-time involontario, che colpisce il 15,6% delle donne contro il 5,1% degli uomini.

 

I settori con il maggior tasso di disparità

Il decreto del 30 dicembre 2024, pubblicato dal Ministero del Lavoro in collaborazione con il MEF, ha individuato i settori e le professioni con una disparità uomo-donna superiore al 25% rispetto alla media nazionale. La soglia di riferimento è fissata al 12%, valore oltre il quale scattano specifici incentivi all’assunzione.

Tra i settori più colpiti spiccano l’industria estrattiva (82,2%), le costruzioni (81,9%), la gestione rifiuti (67,1%), ma anche il trasporto e magazzinaggio (56,4%) e l’informazione e comunicazione (38,6%). Le professioni più penalizzate sono invece quelle degli artigiani, operai specializzati, conducenti di veicoli e personale militare intermedio, tutte con livelli di disparità superiori al 90%.

Questi numeri confermano come alcune aree siano ancora fortemente maschili, a discapito di un reale equilibrio e di una più ampia inclusività.

 

Come combattere la disparità di genere: incentivi e risorse per il 2025

La lotta alla disparità di genere richiede una strategia multilivello, che coinvolga istituzioni, imprese e società civile. Sul piano normativo, la legge Fornero (L.92/2012) prevede incentivi per l’assunzione di donne nei settori con forte squilibrio di genere, con l’obiettivo di abbattere le barriere strutturali che ostacolano l’ingresso e la permanenza delle donne nel mondo del lavoro.

Parallelamente, il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, regolato dal decreto del 28 novembre 2024 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 25 febbraio 2025, disciplina la ripartizione delle risorse del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità per l’annualità 2024. Il fondo è finalizzato a promuovere azioni per la tutela dei diritti e il contrasto alle disuguaglianze di genere, con particolare attenzione alla lotta contro la violenza sulle donne e alla promozione dell’empowerment femminile. ha stanziato 80 milioni di euro per l’annualità 2025, finalizzati a sostenere centri antiviolenza, case rifugio, iniziative di empowerment femminile e progetti regionali di inclusione economica.

Sul fronte delle imprese, la responsabilità è altrettanto centrale. Le aziende possono agire concretamente promuovendo politiche di diversità, equità e inclusione (DEI), adottando modelli di lavoro flessibili, piani di sviluppo carriera per le donne, strumenti per la misurazione del gender pay gap e programmi di mentoring e sponsorship al femminile.

 

Come eliminare la disparità di genere

L’eliminazione della disparità di genere non può essere affidata a misure episodiche. Serve un cambiamento culturale e organizzativo di lungo periodo. Le imprese possono fare molto, ma devono adottare un approccio sistemico, integrando la parità di genere nei loro processi di governance, HR e strategia di business.

Azioni chiave in questo senso includono:

  • il monitoraggio dei dati interni, con audit periodici e job evaluation su assunzioni, promozioni e retribuzioni;
  • la certificazione della parità di genere, già prevista dal PNRR e incentivata con vantaggi fiscali e premialità negli appalti pubblici;
  • l’introduzione di obiettivi di rappresentanza femminile nei ruoli apicali;
  • il potenziamento del welfare aziendale, soprattutto in termini di servizi per l’infanzia, supporto alla genitorialità e flessibilità oraria.

Un’opportunità per le imprese

Affrontare e risolvere la disparità di genere non è solo una questione di equità, ma una leva strategica per la crescita sostenibile e l’innovazione. Numerose ricerche confermano che le aziende con un maggior equilibrio di genere nei team di leadership registrano migliori performance finanziarie, maggiore capacità di attrazione dei talenti e una reputazione più solida.

Il divario retributivo medio del 20% tra uomini e donne e la sottorappresentazione femminile nelle posizioni dirigenziali (21,1%) non sono solo sintomi di ingiustizia, ma anche segnali di inefficienza organizzativa. Le donne rappresentano oggi quasi il 60% dei laureati, ma questa superiorità formativa non trova ancora un riscontro nei vertici aziendali: un vero spreco di capitale umano.

Infine, le imprese che investono in politiche di genere solide contribuiscono a contrastare fenomeni come la violenza economica, l’abbandono lavorativo dopo la maternità e la povertà pensionistica femminile, che resta drammaticamente più elevata rispetto agli uomini.

 

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