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Contratto a chiamata: guida introduttoria

Vantaggi, obblighi, limiti

Il mondo del lavoro è in continua trasformazione, e chi si occupa di risorse umane lo sa bene: flessibilità e capacità di adattamento sono ormai imprescindibili. 

In un contesto lavorativo che cambia in continuazione, conoscere e saper utilizzare le diverse formule contrattuali è una delle chiavi per costruire organizzazioni agili, sostenibili e competitive.

Tra le tipologie di contratti più versatili a disposizione delle imprese italiane c’è il contratto a chiamata, anche conosciuto come lavoro intermittente.

Come funziona? Quando conviene usarlo? E soprattutto, cosa comporta in termini di obblighi, gestione e tutele?

In questa guida introduttiva faremo chiarezza, con un occhio attento alle esigenze di imprenditori, PMI, HR manager e responsabili amministrativi.

 

Cos’è il contratto a chiamata (o lavoro intermittente)

Il contratto a chiamata è una forma di contratto di lavoro subordinato, regolamentata dal D.Lgs. 81/2015, che prevede prestazioni lavorative discontinue o intermittenti, attivate dal datore di lavoro solo quando se ne presenta la necessità. Come specifica il sito del Ministero del Lavoro, si tratta del contratto, a tempo determinato o indeterminato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno. 

In pratica, il lavoratore rimane “in attesa” di essere chiamato al lavoro, e presta servizio solo quando convocato. Un’opzione comoda per le aziende che hanno picchi di lavoro stagionali o esigenze saltuarie: pensiamo alla ristorazione, al turismo, agli eventi o alla GDO.

 

Contratto a chiamata: quando si può utilizzare

In quali casi è previsto il contratto di lavoro intermittente? La legge consente il ricorso a questa forma contrattuale per determinate tipologie di attività (quelle a carattere discontinuo o saltuario, elencate nel R.D. 2657/1923), o per lavoratori con meno di 24 anni o più di 55 anni, indipendentemente dal settore.

 

In dettaglio, si fa riferimento a due aspetti legislativi chiave, i cosiddetti ‘ambito oggettivo’ e ‘ambito soggettivo‘.

  • Il primo, cioè l’ambito oggettivo, riguarda tutte quelle attività lavorative che per loro definizione hanno carattere discontinuo, cioè richiedono la presenza del lavoratore in maniera non-regolare e intermittente. Queste sono raccolte dalle norme in un’apposita tabella
  • L’ambito soggettivo, invece, riguarda le caratteristiche del lavoratore specifico per cui si intende stipulare il contratto di lavoro. In particolare, le norme stabiliscono che il contratto di lavoro intermittente può essere previsto con lavoratori di età inferiore ai 24 anni, a patto che le prestazioni lavorative siano svolte e concluse entro il compimento del 25° anno, oppure con persone di età superiore ai 55 anni

Ad eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro per un periodo complessivamente non superiore a 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di 3 anni solari. In caso di superamento di tale periodo, il rapporto si trasforma in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.

Inoltre, il contratto a chiamata può essere stipulato in due modalità:

  • Con obbligo di disponibilità: il lavoratore si impegna a rispondere sempre alla chiamata del datore. In questo caso, l’azienda è tenuta a riconoscere un’indennità mensile di disponibilità.
  • Senza obbligo di disponibilità: il lavoratore può scegliere se accettare o meno la chiamata.

Come funziona nella pratica

Una volta stipulato il contratto a chiamata (che può essere sia a tempo determinato che indeterminato), il datore è tenuto a comunicare ogni chiamata all’Ispettorato del lavoro almeno un minuto prima dell’inizio della prestazione, tramite SMS, PEC o piattaforma online.

Le modalità operative, attualmente in vigore, per eseguire tale comunicazione sono state definite dal Decreto Interministeriale del 27 marzo 2013 e dalla Circolare MLPS n. 27/2013

La Circolare MLPS del 12 febbraio 2020 fornisce, inoltre, alcuni chiarimenti sulle modalità di comunicazione con riferimento ai lavoratori dello spettacolo.

Il lavoratore è subordinato a tutti gli effetti nel periodo di lavoro effettivo, con diritti e doveri assimilabili a qualsiasi altro dipendente, compresi ferie, malattia e contribuzione.

Nei periodi in cui non ne viene utilizzata la prestazione, il lavoratore intermittente non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo che abbia garantito contrattualmente al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate. In quest’ultima ipotesi al lavoratore spetta l’indennità di disponibilità il cui importo è determinato dai contratti collettivi. Peraltro, il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire motivo di licenziamento e comportare la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo al rifiuto.

 

I vantaggi per l’azienda

Uno dei motivi principali per cui molte aziende scelgono il contratto a chiamata è la flessibilità gestionale. Questa tipologia contrattuale consente infatti di attivare il lavoratore solo nei momenti in cui la sua presenza è davvero necessaria, evitando così costi fissi eccessivi e ottimizzando l’investimento sulle risorse umane.

È particolarmente utile in contesti in cui si verificano picchi imprevisti di attività, ad esempio per eventi stagionali, fiere, aperture straordinarie o per coprire rapidamente assenze improvvise del personale. In questi casi, il lavoro intermittente si rivela uno strumento prezioso per garantire la continuità operativa senza appesantire l’organico.

Inoltre, permette di gestire la forza lavoro in modo più strategico. Le aziende possono rispondere in maniera più snella e dinamica alle esigenze del mercato, sperimentare nuovi modelli organizzativi e, perché no, testare l’affidabilità di nuovi collaboratori in vista di un eventuale inserimento più stabile. In un mondo in cui l’agilità è sempre più una leva competitiva, il contratto a chiamata diventa una risorsa da considerare con attenzione.

 

Obblighi e limiti da rispettare

Attenzione: il contratto a chiamata non è esente da vincoli. Questi sono alcuni aspetti fondamentali da considerare:

  • Comunicazione obbligatoria per ogni prestazione.
  • Non può essere utilizzato per sostituire lavoratori in sciopero, o in alcune attività ad alto rischio.
  • È vietato nei confronti di lavoratori già impiegati a tempo pieno o per mansioni continue.
  • È vietato in unità produttive in cui, entro i 6 mesi precedenti, sono stati effettuati licenziamenti collettivi di lavoratori adibiti alle stesse mansioni per cui si intende stabilire il contratto a chiamata
  • Il limite massimo di utilizzo è pari a 400 giornate di lavoro effettivo in 3 anni, per ciascun lavoratore, pena la trasformazione del contratto in tempo pieno e indeterminato

 

Il contratto a chiamata dà diritto alla disoccupazione?

Sì, anche il lavoro intermittente rientra tra le forme contrattuali che possono dare accesso all’indennità di disoccupazione (NASpI), ma con alcune condizioni.

Il lavoratore deve aver maturato i 13 contributi mensili nei 4 anni precedenti e almeno 30 giornate di lavoro effettivo negli ultimi 12 mesi.
Quindi, sebbene discontinua, l’attività svolta con contratto a chiamata può contribuire al diritto alla disoccupazione.

 

Quando conviene davvero il contratto a chiamata

Il contratto a chiamata risulta particolarmente vantaggioso per le aziende che affrontano esigenze di lavoro discontinue e imprevedibili. In questi contesti, in cui l’attività può aumentare bruscamente da un giorno all’altro, è importante avere la possibilità di attivare personale solo quando serve, senza vincoli rigidi.

È anche una soluzione utile per chi ha l’obiettivo di contenere i costi fissi: mantenere una forza lavoro attiva solo nei periodi necessari permette di ottimizzare il budget, garantendo al contempo una copertura operativa adeguata nei momenti di maggiore domanda.

Il lavoro intermittente è inoltre adatto alle realtà che cercano strumenti contrattuali più snelli, capaci di adattarsi alle dinamiche aziendali senza rinunciare alla conformità normativa. Il contratto a chiamata, infatti, pur nella sua flessibilità, è pienamente regolato dalla legge e offre un buon equilibrio tra libertà gestionale e tutela del lavoratore.

Infine, rappresenta un’opzione strategica per le imprese che operano in settori caratterizzati da stagionalità o con un turnover elevato: pensiamo alla ristorazione, al turismo, al commercio o agli eventi. In questi ambiti, il contratto a chiamata si dimostra uno strumento pratico ed efficace per rispondere a un’organizzazione del lavoro che cambia rapidamente e spesso.

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