Aziende e Dintorni
Fatti e persone del mondo del lavoro

134mila studenti in meno sui banchi di scuola, 5 milioni di lavoratori in meno al 2040: gli effetti della denatalità
Scenari ed opportunità
Il nuovo anno scolastico 2025/2026 si apre con un dato che non lascia indifferenti: il Ministero dell’Istruzione ha calcolato 134mila studenti in meno rispetto all’anno precedente. Gli alunni da infanzia a superiori scendono da 6,9 a 6,8 milioni. Numeri che oggi riguardano le aule, ma che domani si tradurranno in uffici vuoti, linee produttive con meno addetti e competenze difficili da reperire.
La proiezione al 2040 è ancora più netta: 5 milioni di lavoratori in meno in Italia. Non è solo un problema demografico, ma una questione che tocca da vicino imprese e mondo del lavoro.
Meno studenti oggi, meno talenti domani
Dietro la fotografia delle scuole che si svuotano, c’è un messaggio chiaro per le aziende: la platea di futuri lavoratori si restringe. In un Paese già segnato da un mismatch tra domanda e offerta, la denatalità rischia di ampliare il divario. Settori come l’ICT, la logistica, la sanità e l’ingegneria faticano già oggi a trovare candidati qualificati (consigli : “Manodopera specializzata: come trovarla?”
Questo significa che il talento sarà una risorsa sempre più rara. Non basterà attrarre i migliori, servirà saperli trattenere e valorizzare, in un contesto competitivo a livello internazionale.
Impatti diretti sul sistema produttivo
Un calo di 5 milioni di lavoratori entro i prossimi 15 anni non è certo un dato marginale: equivale a perdere quasi un quinto della forza lavoro attuale. Le imprese dovranno quindi fare i conti con sfide complesse. Da un lato, la produttività rischia di risentirne perché con meno risorse disponibili sarà necessario riorganizzare i processi, investire in tecnologia e spingere con decisione sull’automazione per mantenere la competitività. Allo stesso tempo, la scarsità di profili qualificati potrebbe far crescere i costi del lavoro, generando pressioni salariali sempre più consistenti. A questo si aggiunge il tema della diversità delle competenze: con meno giovani pronti a entrare sul mercato, la forza lavoro rischia di invecchiare rapidamente e di ampliare il gap generazionale, con conseguenze dirette sulla capacità di innovazione e di adattamento delle aziende.
Cosa possono fare le aziende già oggi
L’impatto della denatalità non è un destino ineluttabile, ma un rischio che può essere gestito con strategie mirate. Suggeriamo di rileggere l’articolo: l’inverno demografico in azienda: rischi e strategie
Ecco alcune leve a disposizione delle imprese:
- Employer branding e retention: trattenere i talenti diventa tanto importante quanto attrarli. Benefit, welfare aziendale e percorsi di crescita saranno determinanti.
- Inclusione di lavoratori senior: valorizzare le competenze dei dipendenti più esperti e favorire percorsi di aggiornamento continuo. Investire sui propri dipendenti conviene!
- Attrazione di competenze dall’estero: la globalizzazione del lavoro e le politiche di mobilità internazionale saranno cruciali per colmare i vuoti.
- Investimenti in formazione: scuole e università avranno meno iscritti, perciò sarà strategico per le imprese costruire partnership formative dirette per orientare e formare le nuove generazioni. In una logica di vera e propria alleanza scuola-impresa!
Genitorialità, welfare e politiche pubbliche
Non è un caso se i governi stanno moltiplicando bonus e misure di sostegno alla natalità. Tuttavia, il ruolo delle aziende sarà altrettanto cruciale: facilitare la conciliazione tra lavoro e vita privata, promuovere la parità di genere e offrire strumenti concreti per sostenere la genitorialità in azienda.
Un ecosistema più favorevole alle famiglie può diventare anche un driver di competitività per le imprese, rendendole più attrattive sul mercato del lavoro.
Uno scenario da trasformare in opportunità
Il calo demografico rappresenta una sfida enorme. Le aziende che sapranno anticipare i trend, investendo oggi in inclusione, innovazione e gestione strategica delle persone, saranno quelle che domani non subiranno passivamente la mancanza di lavoratori, ma avranno costruito il proprio vantaggio competitivo.
La vera domanda non è se ci saranno meno lavoratori, ma come si prepareranno le imprese a fare di più con meno, e a valorizzare ogni singolo talento disponibile.
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