Aziende e Dintorni
Fatti e persone del mondo del lavoro
La diversity è donna
La diversità è ancora una questione di genere.
Si parla sempre più di diversity&inclusion al lavoro, ma cosa si intende per diversity? E come viene gestita in azienda?
Lo abbiamo chiesto direttamente ai nostri utenti, candidati e aziende e abbiamo presentato i risultati a Firenze in occasione della quinta edizione di Jobbando, dedicata alla riflessione sul tema dell’inclusione lavorativa, di fronte a un pubblico di aziende e istituzioni, tra cui Anna Maria Furlan, Segretario Nazionale della CISL, e Dario Nardella, Sindaco di Firenze.
Candidati: la diversity è donna
Quello che emerge è a tratti sorprendente: la diversity sul lavoro ha ancora una forte connotazione di genere per il 71% dei candidati. Segue in seconda posizione ma a grande distanza la nazionalità, l’orientamento sessuale, il colore della pelle e il credo religioso.
“Nonostante una popolazione lavorativa al 42,1% femminile** e un campione di oltre 1300 rispondenti di età compresa tra i 26 e i 55 anni e equamente diviso tra uomini e donne, per i candidati il tema più sentito è quello delle pari opportunità. La strada da fare è ancora lunga, per questo è importante per noi come osservatorio dare il nostro contributo per stimolare il dibattito e la riflessione su un tema chiave come questo” dichiara il nostro Head Job, Filippo Saini.
Ma i candidati si sono mai sentiti diversi al lavoro? Oltre il 52% dei candidati ha risposto affermativamente. Andando più a fondo, con una domanda esplicita legata a episodi discriminatori, ben il 33,5% ha dichiarato di avervi assistito, controbilanciato fortunatamente da un 60% cui non è mai capitato, ma che dichiara che interverrebbe qualora capitasse.
E in azienda come viene vissuta la diversità? Bene nel 30% dei casi, o perché ci sono politiche specifiche di inclusione (18%) oppure perché, anche in assenza di politiche specifiche, l’azienda valorizza la diversità (12%). Male per il 23%, perché ci sono politiche che vengono ignorate (12%) oppure per discriminazione vera e propria (11%).
Il vero vincitore è però l’indifferenza che può essere letta con accezione positiva di “guardare alle persone per quello che sono e per come lavorano” o negativa di “far finta di non vedere”: per il 47% non ci si presta attenzione, nel bene e nel male.
Infine, l’88% dei candidati dichiara di sapere cosa sia il diversity management, ma per il 52% significa trattare tutti allo stesso modo, mentre solo per il 36% significa valorizzare le differenze.
Aziende: 1 su 4 ha o avrà entro un anno una policy di diversity management
Nota positiva dalle aziende: oltre il 60% dichiara di valorizzare la diversità e 1 su 4 ha o avrà entro un anno una policy di diversity management. Rimane comunque un 38% indifferente, che non ha in piano nessun tipo di attività.
Ma chi si occupa di diversity management in azienda? Il 20% ha una figura interna, specifica o delegata, il 13% sta lavorando per crearla, mentre il 24,5% dichiara di non averlo in programma ma che ce ne sarebbe bisogno. Rimane comunque un importante 43,5% che dichiara di non sentire il bisogno di una figura specifica che possa strutturare, garantire e presidiare la policy di diversity management.
E per quanto riguarda il day by day? Il 64,5% degli HR dichiara di non avere mai dovuto gestire situazioni difficili, mentre la parte restante del campione si divide tra chi dice di averle risolte in modo costruttivo (23,5%) e chi invece dichiara che la diversity abbia generato un problema concreto come richiamo disciplinare, calo di produttività o cambio di team (12%).
Esperienze che sembrano mancare anche in positivo: il 68% degli HR non ha mai riscontrato situazioni in cui la diversity abbia rappresentato un plus.
Rispetto al delicato tema della valutazione della diversità in sede di colloquio, il 34% ha dichiarato di non valutarla perché non vi presta attenzione o comunque non si lascia influenzare, un altro 34% dice di valutarla come un plus o un minus a seconda della posizione ricercata, mentre per il 28% è un valore aggiunto sempre, purché a parità di competenze. La diversity resta un fattore negativo solo per il 3% degli intervistati.
*indagine condotta a ottobre 2019 su 1.350 candidati ambosessi e 100 aziende di cui l’80% PMI con meno di 250 dipendenti
**ISTAT, Il Mercato del Lavoro 2018
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