Aziende e Dintorni
Fatti e persone del mondo del lavoro
Covid-19, come gestire l'emergenza
F.A.Q in materia di gestione del personale.
In un periodo così particolare, le domande che ci poniamo sono veramente tante.
Con l’aiuto degli avvocati Federico Trombetta e Gianluca Crespi di Elexia abbiamo provato a dare una risposta alle più frequenti.
- Sono obbligato a chiudere l’azienda?
In linea generale, tutte le attività produttive industriali e commerciali sono state sospese con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri a partire dal 22 marzo e, per il momento, fino al 13 aprile 2020 (ma con possibilità di ulteriori proroghe).
Tale regola generale, tuttavia, incontra alcune eccezioni. Non sono sospesi, infatti, i servizi di pubblica utilità e i servizi essenziali, oltre alle attività professionali e ad una serie di attività elencate nella lista allegata al citato decreto, e rimangono anche consentite tutte le attività necessarie a garantire la continuità della filiera per le attività non sospese.
Inoltre, già in precedenza era stata disposta (e rimane confermata) la chiusura di altre attività tra cui, a titolo esemplificativo, i musei, i cinema, le palestre, i centri benessere, i ristoranti, i bar e tutte le attività di commercio al dettaglio, ad eccezione di quelle fatte salve dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’11 marzo 2020.
- I dipendenti possono continuare a venire al lavoro in azienda?
Le attività che dovrebbero essere sospese ai sensi di quanto indicato sub 1., possono proseguire solo nel caso in cui sia possibile organizzarle e gestirle in modalità a distanza o di lavoro agile (“smart-working”).
Per le attività che non rientrano nel campo di applicazione dei provvedimenti di sospensione, invece, la regola generale è che tutti i dipendenti che possono svolgere la prestazione lavorativa da casa in smart-working, devono essere incentivati a farlo.
Per i dipendenti che devono necessariamente rendere la loro prestazione all’interno dei locali dell’azienda (come chi lavora all’interno degli impianti di produzione che rimangono aperti o all’interno di supermercati o ipermercati) occorre che vengano adottate tutte le misure necessarie alla sanificazione degli ambienti e dei dispositivi utilizzati dai lavoratori, oltre che i necessari protocolli di sicurezza anti-contagio, tra cui in primis il rispetto della distanza interpersonale di un metro, l’accesso contingentato agli spazi comuni e il divieto delle riunioni non indifferibili.
- Sono obbligato a pagare regolarmente la retribuzione ai dipendenti?
Sì, anche nel caso di riduzioni dell’attività riconducibili alla situazione generale di crisi determinata dall’emergenza COVID-19 e dalle misure di contenimento attuate dalla pubblica autorità. Analogamente, permane l’obbligo retributivo nei confronti dei dipendenti che ricevono la direttiva di rimanere a casa in via precauzionale, ad esempio perché sono venuti in contatto con referenti di aziende clienti all’interno delle quali ci siano stati casi di contagio.
Discorso diverso potrebbe valere solo nel caso in cui la chiusura dell’azienda o l’impossibilità di ricevere la prestazione di alcuni lavoratori sia imposta da un provvedimento della pubblica autorità (vedi 1.), ipotesi che possono configurare sospensioni del rapporto di lavoro non imputabili al datore di lavoro, e non prevedibili né evitabili da quest’ultimo, potenzialmente idonee – come tali – ad esonerare il medesimo datore dall’obbligazione retributiva.
- Come gestisco i dipendenti in “quarantena”?
I dipendenti per cui risultino confermati contatti stretti con persone contagiate da COVID-19 (ad esempio, nel caso di contagio di uno stretto congiunto) devono rimanere a casa in regime di quarantena con sorveglianza attiva.
La quarantena deve considerarsi equiparata alla malattia dal punto di vista del trattamento economico e normativo.
- Esistono degli ammortizzatori sociali per attutire i danni subiti a causa dell’emergenza COVID-19?
Le misure di sostegno al reddito messe in campo dal decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020 sono le seguenti:
- le aziende ammesse per legge alla Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (cd. CIGO), che abbiano sospeso o ridotto l’attività per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, possono ottenere dall’INPS il relativo trattamento di integrazione salariale, previo esperimento di una procedura sindacale semplificata (che prevede una comunicazione informativa obbligatoria e una fase di consultazione eventuale, e che si può svolgere anche in via telematica e si considera comunque conclusa nei 3 giorni successivi, senza necessità di accordo);
- analogamente, le aziende non ammesse alla CIGO ma che versano la contribuzione al Fondo di Integrazione Salariale dell’INPS (cd. FIS) o ad altri Fondi di Solidarietà, purché abbiano più di 5 dipendenti possono ottenere l’erogazione dell’assegno ordinario, di importo equivalente al trattamento di cassa integrazione, seguendo la medesima procedura delle aziende ammesse alla CIGO;
- è previsto, infine, che le aziende per cui non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni in materia di sospensione o riduzione di orario, possono accedere alla Cassa Integrazione Guadagni in Deroga (cd. CIGD) previo accordo con i sindacati, che però non è necessario qualora le aziende abbiano fino a 5 dipendenti.
L’importo garantito dal trattamento di integrazione salariale è pari all’80% della retribuzione di riferimento, nel limite dei massimali previsti per legge, ed il periodo coperto decorre dal 23 febbraio 2020 per una durata massima di 9 settimane, e comunque entro il mese di agosto 2020.
Per accedere agli ammortizzatori è sufficiente che i dipendenti fossero già in forza all’azienda al 23 febbraio 2020, senza la necessità di ulteriori requisiti di anzianità aziendale. Per i dipendenti assunti, o che avrebbero dovuto prendere servizio, in data successiva, una possibile soluzione – da valutare caso per caso – è quella di concordare una sospensione temporanea del rapporto di lavoro.
Si segnala, inoltre, che il decreto legge n. 9 del 2 marzo 2020 aveva già previsto una casistica di ricorso agli ammortizzatori sociali, che in alcuni casi si possono cumulare con gli ammortizzatori previsti dal decreto n. 18 del 17 marzo 2020: è il caso, ad esempio, delle aziende con unità produttive in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, che possono fruire di altre 4 settimane di Cassa Integrazione in Deroga.
- Posso imporre l’utilizzo delle ferie e dei permessi non goduti ai dipendenti?
Tra le misure di contenimento raccomandate alle aziende dai provvedimenti in vigore c’è quella di incentivare le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti.
Occorre tenere presente, tuttavia, che la cd. fruizione forzata di ferie e permessi non è sempre consentita e la gestione concordata rimane comunque la strada da preferire.
La normativa, peraltro, non prevede lo smaltimento obbligatorio di ferie e permessi residui come condizione per l’accesso agli ammortizzatori sociali sub 5.
- I dipendenti che abbiano i figli a casa per la chiusura delle scuole godono di qualche tutela particolare?
Sì, per i figli di età fino a 12 anni possono godere di un periodo di congedo, anche frazionato, non superiore a 15 giorni e coperto dall’INPS con un’indennità pari al 50% della retribuzione. In alternativa, i genitori possono ricevere un bonus di 600 euro per la fruizione di servizi di baby-sitting. Per i figli tra i 12 ai 16 anni è previsto un periodo di congedo di uguale durata, senza copertura indennitaria e senza diritto alternativo al bonus baby-sitting. Per i figli con disabilità grave accertata non valgono i limiti di età.
- Posso fare dei licenziamenti in conseguenza della situazione di crisi in corso?
No, a partire dal 17 marzo 2020 e per i successivi 60 giorni (salve ulteriori successive proroghe) al datore di lavoro è vietato effettuare licenziamenti collettivi e licenziamenti individuali determinati da ragioni di natura economico – organizzativa. Nel medesimo periodo sono anche sospese le procedure di licenziamento collettivo pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020.
Resta ferma la facoltà di licenziare per ragioni di natura disciplinare o per altre causali specifiche (ad esempio, per superamento del periodo di comporto o per mancato superamento del periodo di prova, laddove questa sia stata effettuata almeno in parte).
A cura di Elexia – Avvocati & Commercialisti
Avv. Federico Trombetta
Avv. Gianluca Crespi
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