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Fatti e persone del mondo del lavoro
L’approccio data driven alla ricerca del talento
Nella ricerca di talenti, per le aziende può essere molto utile conoscere qual è il livello di carriera e quello retributivo dei laureati e quali sono i bacini di competenze più interessanti per il proprio settore. L’University Report 2023, il recente rapporto dell’Osservatorio JobPricing che presenta il ranking delle università italiane per livello di carriera e livello retributivo dei laureati in Italia, rappresenta in questo senso una mappa molto interessante. I dati presentati, infatti, possono risultare utili per orientare le politiche di reclutamento verso i migliori serbatoi di talento nel nostro Paese.
Il valore della laurea in Italia
Per esempio, può essere importante sapere che il salario medio netto mensile per i laureati di primo livello nel 2021 è stato di 1.340 euro, mentre per i laureati di secondo livello di 1.407 euro. A cinque anni dalla laurea il salario medio netto mensile è invece di 1.554 euro per i primi (+16%) e 1.635 euro per i secondi (+16%). I dati dell’Osservatorio Job Pricing consentono di osservare le medie salariali per diversi anni e di confrontare la crescita retributiva con quella dei non laureati.
Inoltre, non tutte le lauree sono uguali. La RAL media più alta si registra tra coloro che posseggono un titolo di studio nel campo dell’ingegneria chimica e dei materiali (33.519 euro). Al contrario, gli studi psico-pedagogici sono quelli a cui si associa il salario medio più basso (27.709)
Un’altra caratteristica associata alle differenze salariali è la natura giuridica dell’ateneo che si frequenta: diversi studi hanno dimostrato una resa migliore sul mercato del lavoro (sia come occupabilità che come stipendio) per gli studenti di atenei privati, in particolare nella prima parte della carriera e in alcuni campi di studio (ad esclusione di tutte quelle aree disciplinari di cui non esiste una controparte privata).
Conta anche l’area geografica in cui si è conseguito il titolo: laurearsi al Nord porta a percepire una retribuzione in media più alta del 3% rispetto a laurearsi in atenei del Centro Italia, e al 7% in più rispetto ai laureati di un’università del Mezzogiorno.
E poi, naturalmente, conta l’Ateneo in cui si è studiato. Chi ha frequentato l’Università Bocconi, per esempio, nel 2022 aveva una RAL media a 25-34 anni di 35.297 €, la più alta tra quelle registrate. Alla parte opposta della classifica c’è invece l’Università degli Studi di Cagliari, con una RAL media di 28.946 €.
Come strutturare una strategia di reclutamento vincente
La retribuzione che si intende proporre a un giovane talento è in linea con questi dati? Le prospettive di guadagno future tengono conto del valore di laurea e formazione? Oltre alla retribuzione, quali altri aspetti sono fondamentali affinché l’azienda risulti attrattiva per i giovani neolaureati, e non solo per loro?
In un mercato competitivo come quello attuale, caratterizzato dal cosiddetto talent shortage, il direzionamento dell’azione di reclutamento verso i giovani ad alto potenziale è evidentemente una priorità strategica, che richiede un’azione molto ben strutturata su vari piani:
- Costruire un’EVP (Employee Value Proposition) che sia in grado di attrarre (e trattenere) i migliori talenti, offrendo loro non solo adeguati pacchetti retributivi, ma anche prospettive di sviluppo professionale e personale di alto livello.
- Oltre a questo, altrettanto importante risulta poi il contesto di lavoro, che deve offrire il giusto bilanciamento tra tempo della vita e tempo del lavoro, nonché un’attenzione specifica alla creazione di ambienti equi e meritocratici, che sempre di più sono la cifra su cui i giovani che si affacciano al mondo del lavoro (e non solo loro, come emerge dal Salary Satisfaction Report) valutano il contesto occupazionale.
Coltivare i propri talenti
Oltre a sviluppare un’adeguata strategia di reclutamento, che non può prescindere ormai dalla capacità di costruire un efficace marketing del candidato, incardinato su un organico piano di employer branding, è altresì necessario mettere in campo azioni preventive che possano intercettare e coltivare i talenti già prima dell’ingresso nel mercato del lavoro. Ad esempio, si possono sviluppare sinergie con le università per la definizione dei percorsi di studio e attivare percorsi di integrazione fra studio e lavoro che preparino gli studenti al loro passaggio dall’università all’azienda, e consentano loro di acquisire più velocemente le competenze (sia hard che soft) necessarie alle esigenze specifiche del contesto lavorativo.
Analizzando i risultati raccolti negli anni dall’osservatorio JobPricing, risulta evidente che in Italia esistano dei bacini di talenti che le aziende dovrebbero cercare di tenere monitorati in modo particolare e con tutte le accortezze del caso, se in prospettiva di medio e lungo termine vogliono uscire vincitrici dalla cosiddetta “guerra dei talenti”.
Un recruiting basato sui dati
Come emerge dall’analisi dell’Osservatorio JobPricing, la retorica infondata e deteriore che sostiene che in Italia non convenga studiare è affossata dalle evidenze empiriche. In questo contesto, per le aziende sarà sempre più importante avere “bussole” e strumenti per orientarsi al meglio nella loro ricerca di talenti, anche perché l’esigenza di personale con elevate skill teoriche crescerà con l’aumento della complessità del business e delle tecnologie.
In altri termini, crescendo la domanda e l’offerta di laureati, anche nel reclutamento diventerà sempre più importante un approccio data driven, che permetta di effettuare scelte strategiche basate su informazioni puntuali, che siano costruite ad hoc sulle esigenze aziendali e siano anche competitive rispetto alle azioni di recruiting delle altre imprese con cui si è in concorrenza per acquisire giovani talenti.
Imparare a ricercare i dati e ad analizzarli, in conclusione, sono competenze sempre più fondamentali in ambito HR, anche in un campo soft come la ricerca e selezione del personale.
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